Proviamo ora ad elencare quali potrebbero essere in positivo gli obiettivi di “buone” idee o campagne di comunicazione sociale.
Obiettivi della comunicazione :
Certo, tutto ciò, in positivo. Eppure …
Si racconta che una nota agenzia pubblicitaria americana, nel 1991, abbia eseguito un esperimento per dimostrare quanto sia illimitato il potere della Comunicazione. Ha lanciato
la moda della pietra al guinzaglio! Uomini, donne, bambini passeggiavano per le strade delle città trascinandosi dietro l'inutile fardello del quale bancarelle e vetrine esponevano esemplari di
colori e forme diverse, da "intonare alla propria personalità". La cosa ovviamente è durata poco trattandosi appunto di un semplice esperimento. Ma l'esito dell'iniziativa è stato inequivocabile,
il "sasso da compagnia" ha avuto successo. In Italia esperimenti che presentano qualche analogia e sono degli interessantissimi case-studies sono stati condotti dallo psichiatra, un vero genio,
Claudio Ciaravolo. Fatevi un giro sul suo sito e su quelli a lui collegati per capire a cosa mi riferisco: visitate il sito di questo "grande" della comunicazione!
A questo punto visto che può riuscire in imprese paradossali, perché la pubblicità non dovrebbe essere in grado di creare modelli positivi?
Possono le campagne di comunicazione sociale riuscirvi?
Certo, cominciamo col mettere da parte però la cosiddetta Pubblicità Progresso. Qual è l'obiettivo di una campagna pubblicitaria? Se nella pubblicità commerciale è modificare il
comportamento d'acquisto del consumatore, nella cosiddetta Pubblicità Progresso, una particolare tipo di campagne di comunicazione sociale, non dovrebbe essere che quello di
modificare un comportamento sociale.
Chi fa parte dei target contemplati da Pubblicità Progresso? Chi ignora un problema reale o ne costituisce addirittura la causa, ed è questo forse il problema.
L’obiettivo? Trasformare l'indifferenza in partecipazione. Un esempio "scolastico" riportato da molti saggisti? "Chi fuma avvelena anche te. Digli di smettere": qual è il target?
I non fumatori (ad essi era indirizzato il messaggio). Qual è l'obiettivo di questa campagna? Far smettere di fumare chi fuma. Perché molti fumano (in Italia, per l'esattezza, una persona su
tre)? Non è sicuramente il caso di dire che lo facciano per darsi un tono, per sembrare interessanti come alcuni sostengono. Ciò infatti accade solo durante i primi tempi, costituisce forse una
delle motivazioni più forti per cominciare, specie se l'abitudine si prende in giovane età; ma quando poi subentra la fissazione, il vizio vero e proprio, l'azione diventa un ripiego, un
palliativo, la compensazione di qualcosa che manca (sesso, lavoro, rock and roll? Chissà?). Va detto comunque che la cosiddetta Pubblicità Progresso è molto cambiata negli ultimi anni ed ha
raggiunto alti standard di professionalità e creatività.
Il fumatore accanito è una persona che ha bisogno di acquistare più fiducia in se stesso per vincere una sorta di recondito timore della vita (elemento comune alla base di ogni forma di
dipendenza psichica); dovrebbe essere rassicurato, tranquillizzato, ricevere stimoli positivi che facciano appello alle sue capacità, non rimproveri da censore o prediche da maestrina
acida.
Ciò non fa che accrescere il suo senso di insoddisfazione, esasperargli la percezione di quel problema reale, di cui in genere non possiede la consapevolezza, che non gli consente di smettere. I toni paternalistici o polemici infastidiscono, aumentano il nervosismo e quel che è peggio provocano desiderio di
allontanamento da quanti mostrano di non provare alcuna comprensione e tolleranza nei confronti delle debolezze altrui; nella comunicazione sociale, l'ultimo effetto da conseguire consiste
proprio nel creare distacco con errate campagne di comunicazione sociale.
Allora quale era l’obiettivo specifico del pubblicitario in un caso come questo?
L'obiettivo del pubblicitario non era quello di modificare un comportamento deviato, quanto piuttosto quello di fare una campagna senza distinguere tra pubblicità commerciale e
comunicazione sociale. Una trappola in cui bisogna evitare di cadere.
Insomma, la grande aspirazione di chi si occupa di Comunicazione Sociale non deve essere quella di piacere a tutti i costi, di essere ammirato per la sua genialità, ma quella di spingere al cambiamento. E questo obiettivo potrebbe e dovrebbe anche essere misurato: infatti, se nella comunicazione commerciale il successo di una campagna è determinato dall'aumento delle quote di mercato, analogamente il successo delle campagne di comunicazione sociale dovrebbe essere definito in base alla variazione dei fenomeni trattati.
Ma non è questo il solo rischio che si corre quando si progetta comunicazione sociale. Un rischio ulteriore è dato dall’eccesso di informazioni di cui a volte disponiamo. Se l’informazione è eccessivamente ricca, dettagliata, specifica, si rafforzano le motivazioni degli esperti e delle persone già sensibili, ma per il vasto pubblico ciò produce l’impossibilità di cogliere un quadro di insieme e di identificare nessi tra macro problemi e realtà quotidiana. Il risultato è piuttosto preoccupante: distacco emotivo, fatalismo, e senso di impotenza rispetto a cose percepite come inevitabili: è la tipica reazione che abbiamo ad esempio di fronte ai reportage di guerra che a volte ci appaiono tutti uguali e descrittivi di una realtà troppo distante.
La comunicazione sociale può quindi essere un grande bluff. Ripetiamo, la grande aspirazione di chi si occupa di Comunicazione Sociale non deve essere quella di piacere a tutti i costi, di essere ammirato per la sua genialità, ma quella di spingere al cambiamento. Pochi ci riescono.
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