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Forse, e c'è da sperarlo, lo scenario che si può immaginare nei prossimi 10-15 anni sarà caratterizzato da una presenza sempre più forte degli “interessi” dei gruppi e delle associazioni, in una
parola della cosiddetta “società civile” nelle decisioni pubbliche: i partiti vengono meno, e il politico – lo si può vedere quotidianamente in ogni talk show - in quanto
creatore di consenso, ha sempre più difficoltà.
Questa difficoltà esiste per almeno tre distinte ragioni:
- la rilevanza sempre più decisiva dell’economia per la politica: oggi fare politica, vuol dire innanzitutto gestire, l’economia di un paese,
di una regione, di un territorio;
-
l’incredibile accelerazione dei tempi decisionali: è un effetto di quello accade per le comunicazioni. Ma se la comunicazione è più veloce è inevitabile che anche la fase
decisionale sia più veloce. Cioè, se non si controllano le ricadute della comunicazione, se non si è in grado di decidere altrettanto velocemente, si resta travolti dagli effetti della
comunicazione;
- il fatto che una parte importante delle decisioni politiche è sottratta alle arene nazionali: diciamolo chiaramente … i bisticci casalinghi di
tipo politico-ideologico, perdono immediatamente di spessore, non contano nulla a livello internazionale.
Domandiamoci allora … in questa situazione, le organizzazioni del Terzo Settore, la società civile organizzata, i sindacati e le associazioni di rappresentanza, le Ong in particolare, che abbiamo
preso, ricordiamo, come spunto ed esempio del nostro discorso … sono oggi una risorsa importante per il mondo politico? Certo. E moltissimo. Vediamo perché.
Perché le organizzazioni sono depositarie di un’informazione testata, frutto di conoscenza diretta ed esperienza sul campo, e dovrebbero essere pronte a scambiarla. Per questo
motivo oggi, le associazioni, hanno una possibilità incredibile di accreditamento verso qualunque interlocutore. Perché evitano all’interlocutore di cadere in passi falsi e gli danno un motivo
per continuare a campare come nostro rappresentante politico. Le organizzazioni dicevamo, conoscono il problema, lo conoscono tecnicamente, conoscono le reazioni dei soggetti. E’ solo con questa
risorsa (l’informazione testata) che si può scambiare e tutelare e difendere gli interessi stessi. Ed è proprio questa attività di scambio, tra informazione e rappresentanza, che prende
il nome di “lobby”.
Una precisazione: lobby, lobbysta, lobbysmo … dunque … è opportuno analizzare queste parole per poterle usare con cognizione di causa. Con il termine lobby od organizzazione
lobbistica si intende il gruppo portatore dell’interesse da tutelare; lobbyista è il personale, interno o esterno all’organizzazione, attraverso cui si attua la rappresentanza, e
lobbyismo l’insieme di tecniche e attività che consentono la rappresentanza politica degli interessi organizzati.
E allora cosa è fare lobbying? Con un bel pò di sintesi potremmi dire che lobbying è l’informazione: quel che manca al decisore pubblico è innanzitutto l'informazione, o
meglio ce l'ha ma solo da chi gliela fornisce. Se voi non gliela date il burocrate ragiona al buio o sulla base delle informazioni che ha, per cui lobbying è innanzitutto predisposizione
accurata di informazioni, documentazioni, proposte; fare lobby vuol dire partecipare all'attività di governo, vuol dire decidere pubblicamente con chi ci rappresenta.
Il lobbyista, in quanto rappresentante di un gruppo di interessi è anche un esperto. Il terreno in cui si muove infatti non è quello della rappresentanza generica, come quella,
del deputato. Ma come mai, viene da domandarsi, questa attività è così poco sviluppata nelle singole componenti del Terzo Settore? La funzione di lobby nella realtà associativa è poco sviluppata
essenzialmente perché fare lobbying costa molto. E poiché costa molto, nessuno pensa di farlo fino a quando non è costretto.
E poi per farla bene la nostra attività di lobbying si devono rispettare alcune condizioni di efficacia:
- Un buon radicamento sociale in una funzione socialmente rilevante, riconosciuto da tutti i soggetti, interni ed esterni all’istituzione, che
influenzano il processo decisionale o che comunque vi partecipano.
- La disponibilità di risorse per rendere efficace questo punto: ci vogliono soldi, ricerche, studi, professionisti, passione.
- La capacità di creare posizioni. Cioè avere la capacità di esprimere e far pesare il proprio pensiero. Le posizioni vanno create, e le posizioni
sono la linea da tenere su quel particolare punto, cioè una volta che ho raccolto tutte le informazioni, devo anche dire qual è la mia posizione. Ecco perché il vero punto di partenza di una
associazione che voglia fare comunicazione è il suo ufficio stampa! è lì che andrebbero allocate la maggioranza delle risorse. Le circa 300 posizioni assunte giornalmente da un Presidente degli
Stati Uniti, non superano mai le 20 righe. Ma chi è capace di farlo, chi è in grado di definire ogni volta un obiettivo in 20 righe? Perché per definirlo bene è necessaria una fase preparatoria
che comprende la costruzione di dossier, la predisposizione di canali di comunicazione, di punti di riferimento. Insomma denaro e risorse umane.
- L’indipendenza dai partiti perché l'attività di lobby si rivolge a tutti i partiti. Già, perché la differenza tra l'attività di lobbying e
organizzazioni di interessi di altra natura (Cosa Nostra, Spectra, P2, KGB, ecc...) è sostanzialmente la pubblicità, nel senso che qualsiasi attività di lobbying può essere messa nella prima
pagina di un quotidiano. Questo è l’unica vera grande linea di demarcazione. A questo va aggiunto che tutte le attività di lobbying, proprio perché attività pubbliche, sono regolate entro un
quadro vigente dato dai principi costituzionali.
Vediamo adesso, quali sono le principali tecniche operative per le azioni di lobby e come possiamo raggrupparle. Le tecniche possono essere inserite in 5 grandi categorie, o
meglio gruppi di azioni di comunicazione, in relazione al tipo di rapporto che si stabilisce, con il Decisore Pubblico.
Ecco la lobbying in pratica:
Primo gruppo: comunicazione diretta
- monitoraggio del contesto
- accreditamento
- presentazione di documenti, dati e analisi tecniche
- prese di posizione
- partecipazione ad audizioni conoscitive
Secondo gruppo: comunicazione indiretta
- pubblicazione di rapporti su media propri o indipendenti
- dichiarazioni di esponenti dell’organizzazione
- conferenze stampa
- convegni e manifestazioni culturali con il coinvolgimento di personale qualificato indipendente
- campagne-stampa e inchieste giornalistiche
- rivelazioni documentate
- studi e relativa campagna di divulgazione dei contenuti
- raccolta e valorizzazione attraverso i media di testimonianze autorevoli
- campagne di pressione sul Decisore da parte della propria base
- alleanze
Terzo gruppo: contrattazione diretta
- scambio di informazione e consenso contro decisione
- dimostrazioni orchestrate presso il luogo in cui si assume la decisione
- apertura di una vertenza pubblica
- invito al Decisore a partecipare a proprie manifestazioni e “confronto” con una base più o meno agguerrita
Quarto gruppo: contrattazione indiretta
- associazionismo
- ricerca di una sponsorizzazione di partiti e uomini politici
- affidamento della propria causa a un soggetto amministrativo (ministero, organo di ente locale, ente autonomo)
- ricerca, all’interno delle formazioni politiche, di soggetti simpatizzanti o sponsorizzanti
Quinto gruppo: azione legale o giudiziaria
- apertura di vertenze giudiziarie presso i tribunali, amministrativi e non
- creazione di casse di risonanza durante il processo e dopo la sentenza (se favorevole)
- patrocinio a propri aderenti che aprano vertenze giudiziarie (possibilmente in numero elevato) sui temi di interesse dell’Organizzazione
- assistenza tecnico-legale a propri aderenti che si impegnano in vertenze giudiziarie come sopra
Occorre ricordare che le tecniche di lobby citate da utilizzare non sono intercambiabili, la loro scelta va correlata:
- al fine da raggiungere
- alle potenzialità organizzative del soggetto
- alla sua identità
- agli obiettivi di lungo periodo
- alle caratteristiche e alle variabili (soggetti, schieramenti, progetti) del contesto in cui l’azione si colloca.