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Chiamatelo lobbysmo o lobbismo, quel che importa è domandarsi ... quali sono i pericoli più comuni del lobbysmo? Con un po’ di ironia e citando esplicitamente uno straordinario professore del quale ho ascoltato molti seminari e redatto questi appunti, vediamo quali sono e come possono essere affrontati e risolti i principali pericoli nascosti:
1) Il velleitarismo:
è collegato con una ricerca di piacere: il piacere della denuncia di un modo di procedere che si ritiene errato o abusivo; il piacere dell’istinto correttivo; dell’istinto disciplinare che
sacrifica il raggiungimento del risultato alla possibilità di indirizzare un rimprovero o emettere una condanna.
2) Il qualunquismo:
è collegato all’idea che tutti i problemi si possono risolvere con un po’ di buon senso, onestà intellettuale e qualche brillante trovata. Un approccio qualunquista può essere irritante e anche
aggressivo, poiché esclude il dialogo e cancella per semplicismo la complessità ed esclude il confronto chiudendo i canali di comunicazione.
3) L’isolamento:
non è una scelta ma una condizione. Il pericolo è nel compiacimento – spesso piagnone o aggressivo - di questa condizione, quindi nella non volontà di uscirne. Il compiacimento nasce dalla
convinzione di essere gli unici duri e puri
La paranoia della norma:
ne soffrono coloro i quali credono religiosamente nella norma scritta: la norma che non produce contraddizioni, non presenta lacune, è astratta e generale, è coerente con i principi
costituzionali e con i principi etici. Il loro è un lobbysmo ideologico e moralistico che non tollera alcun adattamento alla materialità dei rapporti concreti. E’ un atteggiamento
estremo che può essere presente in quei lobbisti di affari che si battono per ottenere esattamente quanto promesso dalla legge, escludendo per principio qualsiasi compromesso.
Le conoscenze di alto livello:
l’effetto più negativo del fare affidamento sulle conoscenza privilegiate è di indurre il lobbyista a fidarsi esclusivamente di esse, allontanandolo dall’impegno di elaborare una strategia più
completa. Dove ha origine l’equivoco? La troppa fiducia nelle conoscenze nasce da: a) considerare ciò che si rivendica un favore e non un diritto; b) trascurare il fatto che le persone in alto
loco più sono in posizione chiave, più gente conoscono, più rapporti -apparentemente privilegiati ed esclusivi- intrattengono.
Tutto si scambia, tutto si compra:
se è vero che il principio del “tutto ha un prezzo” in politica sia tutt’altro che respinto, va detto che nel caso della lobby, in genere, quanto si cerca di ottenere è una decisione pubblica che
non ha un prezzo definito né in linea di principio, definibile. Infine, chi compra una decisione pubblica (con la corruzione o con un atto di concussione) indebolisce la propria posizione
politica e pertanto il potere contrattuale. Da un lato sarà costretto a comprare in futuro qualsiasi altra cosa, dall’altro dichiara implicitamente di non essere in grado di far valere le proprie
ragioni.
Colazioni di lavoro, Pranzetti, Ricevimenti:
un’abitudine diffusa è l’enfasi sulla linea di pubbliche relazioni basata su più o meno fastosi intrattenimenti. A questo proposito va ricordato che le persone che contano non hanno bisogno di
farsi pagare un pranzo, perciò è necessario ricollocare le manifestazioni esteriori di Pr a strumenti di socializzazione. Le persone che contano preferiscono sbrigare uno scambio di idee e di
informazioni in 10 minuti, una negoziazione in un paio d’ore e poi scappare farsi intervistare nel talk show di seconda serata, piuttosto che impiegare le stesse due ore ingurgitando un cocktail
di gamberetti in nostra compagnia.
Fatta la legge trovato l'inganno:
Avere una legge a favore non sempre serve, non sempre basta.
Lasciare il discorso a mezz'aria:
è un’abitudine molto diffusa alla quale il lobbyista non deve cedere, al contrario cercherà di rendere quanto più conclusivo e definito ogni colloquio. A tal fine ci sono alcuni artifizi di
conduzione dell’incontro che possono tornare utili:
Certo il lobbysmo non è fatto da un elenco generico di obiettivi da perseguire. Gli obiettivi andrebbero messi in ordine gerarchico, le azioni pianificate, le campagne gestite. Ad esempio, uno dei principali campanelli d’allarme sull’inefficacia della nostra azione, delle nostre posizioni, della nostra comunicazione e quindi delle nostre idee è fornito dalla lunghezza dei comunicati stampa con cui tentiamo di prendere posizione su un argomento. Quando già superiamo la mezza cartella c’è qualcosa che non và. Vuol dire che non si arrivati a costruire una posizione. Perché come sappiamo, il politico che conta, più di una mezza cartella non leggerà mai!